A proposito di Grafîa Ofiçiâ...
Nel Gazzettino del gennaio 2011 in questa stessa rubrica,
ho letto del problema della o e della u e sono andato a vedere quanto
scritto nel marzo 2009, ma non ho capito bene quale sia il problema.
Potrebbe illustrarmelo?
Alfonso Ferrari – email
In effetti, una spiegazione precisa del “problema della o e
della u”, come lo chiamò Vito Elio Petrucci, non l’ho ancora fornita. Si
tratta del fatto che in genovese esistono tre suoni vocalici, precisamente
il suono della “o italiana aperta”, della “u italiana” e della “u francese
o lombarda” (per limitarci a quelli principali tralasciando varianti locali)
e due sole lettere, la “o” e la “u”, per rappresentarli. Se, come ha fatto
Casaccia, si lascia alla libera inventiva di chi scrive o, peggio, di chi
legge, decidere quale suono corrisponda di volta in volta alla “o” o alla
“u” la grafia diventa incoerente e non adatta a rappresentare correttamente
i suoni del genovese. Se, invece, si vuol essere precisi allora vi sono
essenzialmente tre possibilità per risolvere il problema. La prima, forse
la più semplice, è quella di introdurre un simbolo nuovo per il suono della
“u francese”: la “y”, cioè la “upsilon” dei greci che pare avesse proprio
quel suono. Oppure rifarsi alla grafia italiana: “o” per il suono “o”
(accentata: ò, ô) e “u” per il suono “u” (accentata ù, û). Il suono della
“u francese” si rappresenta usando sempre l’accento: ú per la durata breve
e ü per quella lunga. Infine il terzo modo è quello di privilegiare la
tradizione plurisecolare genovese: il suono della “u italiana” si indica
con la “o”. Risulta naturale allora indicare il suono della “u francese”
con la u; pertanto il suono della “o” si rappresenta usando sempre l’accento:
ò per il breve, ö per il lungo. La grafîa ofiçiâ, volendo privilegiare la
tradizione, ha scelto l’ultima possibilità.
Pigiòu dò-u Gazzettino
Sampierdarenese N. 7 do 20 de lùggio do 2011 |