A proposito di Grafîa Ofiçiâ...
Il dilemma che si pone per ogni grafia è decidere se si
deve tener conto dell’etimologia o soltanto della pronuncia. Mi pare che
la grafîa ofiçiâ abbia privilegiato la pronuncia. Ma questo non è un modo
per impoverire la grafia?
A. Cevasco – Genova centro
La grafia di una lingua può essere progettata seguendo due
differenti impostazioni. La prima è quella che ogni parola si scrive sempre
uguale a prescindere dalla pronuncia del parlante. È ciò che accade in
italiano: tutti scriviamo ogni parola in modo identico, ma la pronuncia
della parola varia da posto a posto. Segnalo, per inciso, che questo
tentativo, proposto ad esempio dal Casaccia nel suo vocabolario, ha avuto
esiti infruttuosi. Ognuno in realtà ha sempre scritto a suo piacere anche
perché la grafia del Casaccia, troppo modellata sull’italiano, è distante
dalla reale pronuncia delle parole genovesi.
La seconda impostazione è quella di avere una grafia che ponga in corrispondenza
suoni e segni, che sono lettere o gruppi di lettere. In questo modo ogni
parlante potrà indicare le proprie peculiarità di pronuncia e si potranno
confrontare parlate differenti tra di loro con il formidabile aiuto di una
scrittura precisa e rispettosa della pronuncia. Proprio perché è nata con
la finalità di conservare le parlate e le loro differenze, la costruzione
della grafîa ofiçiâ ha posto al centro la pronuncia ed ha quindi adottato
questa seconda impostazione. È evidente che così facendo l’etimologia delle
parole viene necessariamente sacrificata. L’etimologia, invece, può essere
rispettata con la prima impostazione: tuttavia, coi parlanti che tendono
a diminuire, il vero pericolo è che, tra non molto, non si sappia più la
corretta pronuncia delle parole.
Per fortuna, concludo io, che c’è la grafîa ofiçiâ!
Pigiòu dò-u Gazzettino
Sampierdarenese N. 7 do 31 de lùggio do 2010 |