Tradýilu, tradŷlu e traduîlu
Si ritiene possa valere la pena di prendere in esame o lasciare, almeno, memoria di alcune particolaritŕ nella coniugazione dell'infinito presente dei verbi genovesi derivati dal latino ducere quali "tradŷe" (it. tradurre), "redŷe" (it. ridurre) etc. in presenza di particelle enclitiche (ad esempio, pronomi personali posposti)
Le forme antiche erano regolari.
Nell'opera di Stefano De Franchi (alias Micrilbo Termopilatide) edita a Genova nel 1772 ed intitolata:
Comedie trasportć da ro françeize in lengua zeneize
da Micrilbo Termopilatide
dedichć á ri veri e boin Zeneixi
si possono riscontrare forme quali "reduero" /red'y:eRu/ (it. ridurlo) etc...
Nelle grafie antiche la lettera "u" indicava il fonema /y/ ("u" francese).
Per giungere alle forme verbali attuali, occorre tenere presenti due fenomeni linguistici intercorsi nel genovese:
l'eliminazione dell' "r" intervocalica;
la sostituzione della vocale /e/ con la vocale /i/ in presenza di particelle enclitiche,
ad esempio l'attuale "lęzime" (it. leggimi) al posto di "lęzeme", forma antica e regolare (ancora in uso in alcune parlate "arcaiche").
Ciň risulta ben documentato da E.G. Parodi che, in "Studj liguri", alla pag.141 § 89b, scrisse:
"Negli infiniti di 3° [coniugazione] uniti con enclitiche , si ha ora "i", per gli anteriori "reduero" /re'dy:eRu/ ... etc. ..."
Nota: per ragioni di uniformitá col resto dell'articolo, la grafia fonetica utilizzata dal Parodi č stata sostituita con la grafia fonetica /SAMPA/ tra barrette.
|
Quale conseguenza dei due fenomeni linguistici intercorsi, si crearono nuove dittongazioni e si ebbero
da una parte forme borghesi quali:
"redýime" /re'dyjme/ (it. ridurmi), "redýise" /re'dyjse/ (it. ridursi), "indýilu" /iN'dyjlu/ (it. indurlo) etc. dotate del rarissimo dittongo discendente /'yj/
dall'altra, forme piú popolari (appartenenti al registro "purtulian") quali:
"reduîme" /re'dwi:me/ (it. ridurmi)", "reduîse" /re'dwi:se/ (it. ridursi) ed "induîlu" /iN'dwi:lu/ (it. indurlo) etc. dotate del dittongo ascendente /'wi:/
Il "purtulian" ha fatto tranquillamente in tempo ad estinguersi senza che ne sia mai stato neppure tentato uno studio su base scientifica e tutti gli autori del passato che hanno redatto vocabolari o tramandato notizie relative alla lingua l'hanno sempre tranquillissimamente ignorato, salvo cenni rarissimi e, per altro, esclusivamente sporadici. Ciň sulla base di motivazioni ideologiche e/o sociali ...
|
Tornando in tema, si tralascia, per ulteriore semplificazione, la fase intermedia in cui, ad esempio, in "induero" /iN'dy:eRu/ (it. indurlo) si sostituí il pronome /u/ al pronome /Ru/, prima di pervenire alla forma italianizzata rappresentata dal pronome enclitico /lu/.
Nel registro borghese, per evitare il dittongo discendente quasi omofono /yj/, la semivocale /j/ venne assimilata alla vocale /y/ e si ottenne, semplicemente una vocale /y:/ di durata lunga.
Si passň cosí da "indýilu" /iN'dyjlu/ a "indŷlu" /iN'dy:lu/ ma le due forme continuarono a coesistere.
Il Parodi, "Studj liguri" pag.129, § 70, conferma:
"redŷme" /redy:me/ per "redýime" /re'dyjme/, "redŷse" /re'dy:se/.
|
E, alla pag.142, § 89c, si trova scritto:
"Gli odierni "indŷlu" /iN'dy:lu/ (accanto a "indýilu" /iN'dyjlu/) sono normali".
|
Si giunse, in definitiva, a tre forme storicamente contemporanee,
due borghesi ed una popolare ("purtulian-a"), per ognuno dei verbi derivati dal latino ducere.
Se intendiamo applicarle al verbo "tradŷe", risultano:
le due forme borghesi: "tradŷlu" /tra'dy:lu/ e "tradýjlu" /tra'dyjlu/ (it. tradurlo), la seconda delle quali prevalentemente evitata per motivazioni di carattere fonetico
quella "purtulian-a": "traduîlu" /tra'dwi:lu/ (it. tradurlo), stigmatizzata socialmente, ma perfettamente regolare e legittima sotto l'aspetto dell'evoluzione e delle specificitŕ delle strutture linguistiche della lingua genovese.
Il dittongo discendente /yj/ č composto da due elementi quasi indistinguibili
in quanto la vocale /y/ non č altro che la versione labializzata della vocale /i/, cioč realizzata fisicamente con maggior coinvolgimento, arrotondamento e sporgenza delle labbra.
Basta porsi di fronte ad uno specchio e la verifica risulta banale.
La /j/ a sua volta non
é altro che il corrispondente semiconsonantico della stessa vocale /i/
|
MAGISTER 3/2002
|